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Crittografia in Pillole

  • Ilenia
  • 12 mag 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel Novembre 2008, Anna lysyanskaya, professore associato di informatica alla Brown University, ha effettuato una sorta di esplorazione nel mondo delle scoperte crittografiche dal 800 d.C fino al 2008, mettendo in risalto proprio come sia avvenuta la crescita di questa tecnica di cifratura.

Ha costruito questo viaggio in "pillole" all'interno del suo articolo Come mantenere un segreto? pubblicato su "Le Scienze (Scientific American)".

Ecco qui di seguito che cosa ha tematizzato.

800 d.C.: al-Kindi, studioso e matematico arabo che vive a Baghdad, scrive il Manoscritto sulla decifrazione dei messaggi criptati. Si tratta della prima descrizione nota dell’analisi della frequenza e di altre tecniche di crittoanalisi.

1586: Thomas Phelippes usa l’analisi della frequenza per decrittare messaggi tra Maria I di Scozia e i cospiratori contro Elisabetta I d’Inghilterra. Maria e i cospiratori vengono giustiziati.

1918: Il maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti Joseph O. Mauborgne e Gilbert Vernam, degli AT&T Bell Laboratories, inventano il one-time pad, un sistema crittografico in cui una chiave segreta casuale è lunga quanto lo stesso messaggio e viene usata una sola volta.

1944: A Bletchley Park, in Inghilterra, il Colossus (la prima macchina di calcolo programmabile) decritta i messaggi dell’Alto comando tedesco fornendo preziose informazioni prima dello sbarco in Normandia.

1948: Claude Shannon degli AT&T Bell Laboratories dimostra che il one-time pad è inviolabile anche per chi ha potenza di calcolo illimitata. Ma la definizione di segretezza è così stretta che Shannon dimostra anche che il one-time-pad è l’unico sistema crittografico in grado di soddisfarla.

1976: Whitfield Diffie e Martin E. Hellman, entrambi della Stanford University, propongono la crittazione e l’autenticazione a chiave pubblica.

1977: Ronald L. Rivest, Adi Shamir e Leonard M. Adleman, del Massachusetts Institute of Technology, costruiscono il primo sistema di crittografia a chiave pubblica: nasce l’algoritmo RSA.

Agosto 1977: In una rubrica di Martin Gardner su «Scientific American», Rivest e collaboratori sfidano i lettori a decifrare un messaggio criptato con l’algoritmo RSA con una chiave a 129 cifre. Gli stessi autori stimano in 40 milioni di miliardi di anni il tempo necessario per l’operazione.

1982: Shafi Goldwasser dell’Università della California a Berkeley e Silvio Micali del MIT sviluppano le definizioni fondamentali della moderna crittografia, inclusa una definizione pratica di sicurezza.

1985: Goldwasser, Micali e Charles Rackoff, dell’Università di Toronto, inventano la dimostrazione a conoscenza zero. Un anno dopo gli israeliani Oded Goldreich e Avi Wigderson, la applicano alla tricolorabilità dei grafi.

1987: Goldreich, Micali e Wigderson elaborano i protocolli per la multiparty computation, costruendo un protocollo in due parti sviluppato da Andrew C. Yao della Princeton University.

1994: La Netscape Communications pubblica il protocollo Secure Sockets Layer, che impiega la crittazione a chiave pubblica per assicurare la sicurezza delle transazioni sul World Wide Web.

1994: Arjen K. Lenstra della Bell Communications Research e oltre 600 volontari su Internet, usando circa 1600 computer, sviluppano algoritmi di fattorizzazione impiegando otto mesi per fattorizzare la chiave RSA a 129 cifre di Gardner, rivelando il messaggio «THE MAGIC WORDS ARE SQUEAMISH OSSIFRAGE», ovvero «Le parole magiche sono un avvoltoio schizzinoso».

2008: Occorrerebbe più di un milione di miliardi di anni per violare una chiave RSA di lunghezza raccomandata (2048 bit) su un moderno PC.

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Siamo due studentesse della laurea magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna e, per la prima volta dopo tanti anni dietro ai banchi, ci viene proposto di metterci alla prova. Non con il solito esame ma con un blog. 

Vi sveliamo subito la "materia" per la quale stiamo scrivendo ora: storia ed evoluzione della lettura e dei modelli editoriali. Cosa c'entra un blog con una materia così... seria? È qui la sfida.

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