Magia e Mistero nell'età elisabettiana
- Ilenia
- 2 mag 2016
- Tempo di lettura: 1 min
È il 1558.
In Inghilterra viene incoronata la Regina Elisabetta I e fino al 1603 si parlerà di età elisabettiana: dal punto di vista della crittografia è interessante sapere che questo periodo fu un mondo (dal punto di vista letterario) caratterizzato da spiriti, fate, demoni, streghe, fantasmi e maghi: in un certo senso, vi fu una filosofia specificamente rinascimentale dell'occulto caratterizzata dalla magia, dalla melanconia, dall'intento di penetrare nelle sfere profonde della conoscenza e dell'esperienza, sia scientifica sia sperimentale, e accompagnata dal timore dei pericoli di tale ricerca e dell'opposizione cui essa andava incontro.

Il filosofo emblematico di questo periodo fu John Dee, la cui prefazione matematica alla traduzione inglese di Euclide inizia con un'invocazione al "divino Platone" che si ricollega in al nucleo ermetico-cabalistico del movimento neoplatonico rinascimentale della Kabbalah Cristiana di Pico.
Inoltre, questo personaggio, non fu soltanto celebre come matematico, ma ebbe anche la fama di essere un "stregone", poiché invocatore di angeli nella presentazioni delle arti matematiche e perché sosteneva l'esistenza delle streghe.
In un certo senso dunque, fu portatore della Kabbalah Cristiana in età elisabettiana in Inghilterra.
Ma è con Shakespeare e i suoi drammi che vediamo un "mago", un maestro dell'uso incantatore delle parole e della poesia come magia: da Sogno di una notte di mezza estate a Macbeth, da Amleto a Romeo e Giulietta.
Quindi la filosofia occulta nell'età elisabettiana non fu un interesse secondario di pochi, ma fu la filosofia principale dell'epoca, la quale ricevette in questo periodo, una nuova ed efficace formulazione, tanto più vigorosa e impressionante perché venne in un periodo in cui imperversava la reazione contro di essa.
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