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Il problema della distribuzione delle chiavi

  • Elena
  • 19 apr 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

I sistemi crittografici necessitano della distribuzione delle chiavi per le decrittazioni: il mittente cifra un messaggio secondo un particolare metodo e invia il messaggio al destinatario, il quale deve conoscere il metodo di cifratura utilizzato e la chiave per decifrarlo.

Facciamo un piccolo esempio: supponiamo di cifrare un breve messaggio come "ci vediamo al bar" utilizzando la cifratura di Cesare. Avremo:

• il nostro alfabeto chiaro: abcdefghijklmnopqrstuvwxyz

• e l'alfabeto cifrante scelto sulla base di una parola chiave, supponiamo, appunto, JULIUS CAESAR

Ma come otteniamo l'alfabeto cifrante? È sufficiente riscrivere la parola chiave senza le lettere ripetute, nel nostro caso JULISCAER ed iniziare in questo modo l'alfabeto. Otterremo quindi: juliscaertvwxyzbdfghkmnopq (dato dall'inizio dell'alfabeto dall'ultima lettera della chiave, proseguendo poi in ordine alfabetico eliminando, però, le lettere già presenti nella chiave).

Possiamo finalmente cifrare il nostro messaggio sovrapponendo i due alfabeti:

a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z

j u l i s c a e r t v w x y z b d f g h k m n o p q

Ottenendo:

ci vediamo al bar

lr msirjxz jw ujf

Per una serie di motivi questo tipo di cifratura non è sicura (le lettere conservano la loro identità poiché cambiano solo l'aspetto ma una lettera viene sempre cifrata allo stesso modo e l'analisi delle frequenze potrebbe facilmente identificare le lettere reali) ma non è questo il problema di cui vogliamo discutere in questo post. Per poter utilizzare questo tipo di cifratura, infatti, è necessario (come per tutte) che il destinatario conosca la chiave di decrittazione. Ovviamente si intuisce come sia poco sicuro comunicarla o farla pervenire con qualsiasi mezzo: chi la consegna potrebbe rubarla, nel tragitto potrebbe essere persa o modificata, comunicandola per telefono/posta/e-mail/telegrafo potrebbe essere intercettata e così via. Si potrebbe comunicare di persona ma questo non consentirebbe di cambiarla ad ogni messaggio e ciò renderebbe la cifratura molto debole (pensate se qualcuno intercettasse il messaggio e lo decifrasse: sarebbe in grado di spiare tutte le comunicazioni successive).

Nel tempo i sistemi di cifratura si sono molto evoluti (pensate alla cifratura di Vigenère o a Enigma) ma il problema delle chiavi è rimasto: spesso si distribuivano enormi faldoni con le chiavi giornaliere; i blocchi avevano abbastanza chiavi da poter permettere un mese intero di cifrature (ogni chiave veniva usata un solo giorno e poi buttata) anche se in quella giornata non erano stati cifrati messaggi, così da consentire un sincronismo tra tutti i nodi di scambio informazioni. Questa soluzione ovviava al problema della distribuzione solo in parte, infatti, la possibilità che uno di questi blocchi di chiavi finisse nelle mani sbagliate era altissima e avrebbe consentito, se rubato a inizio mese (o, comunque, poco dopo la sua consegna), la cifratura di moltissimi messaggi.

Si iniziò, così, a cercare una soluzione anche attraverso le nuove tecnologie (come l'ARPAnet, ovvero il futuro internet) e la matematica. Di come il problema della distribuzione delle chiavi sia stato risolto ne parlo in QUESTO post.

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Siamo due studentesse della laurea magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna e, per la prima volta dopo tanti anni dietro ai banchi, ci viene proposto di metterci alla prova. Non con il solito esame ma con un blog. 

Vi sveliamo subito la "materia" per la quale stiamo scrivendo ora: storia ed evoluzione della lettura e dei modelli editoriali. Cosa c'entra un blog con una materia così... seria? È qui la sfida.

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