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L'emozione della scoperta

  • Elena
  • 18 apr 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Jean-François Champollion (1790-1832) era un giovane linguista francese con la passione per i geroglifici. Fin da ragazzino si era interessato a queste strane iscrizioni e a soli diciassette anni pubblicò il suo primo lavoro: L'Egitto sotto i faraoni, nel quale sosteneva che il copto deriva dall'antica lingua egiziana.

Champollion dedicò la sua intera vita alla decifrazione di questa lingua dimostrando tutta la sua passione e l'importanza che per lui aveva questa sfida in più di un episodio. Nel 1808 incontrò per strada un vecchio amico che gli rivelò una recente scoperta: Alexandre Lenoir aveva pubblicato una decifrazione completa dei geroglifici. Champollion, dalla frustrazione e dal dispiacere, svenne.

Fortunatamente la decifrazione di Lenoir era piuttosto fantasiosa e, quindi, Champollion poté continuare a tentare la decifrazione per potersi aggiudicare il merito di quella che sarebbe stata una fantastica ed incredibile scoperta.

Prima di lui diversi egittologi, linguisti e studiosi avevano tentato di comprendere quei segni così misteriosi, tra i tanti ci provò anche Athanasius Kircher, il quale, come altri prima e dopo di lui, diede ai geroglifici un valore ideografico. Da questa ipotesi scaturirono diverse interpretazioni piuttosto fantasiose fino a quando si intuì la possibilità che i segni avessero valore fonetico. Seguendo questa intuizione Thomas Young decifrò alcuni cartigli ma si limitò a sostenere che i nomi da lui tradotti erano scritti in forma fonetica perché stranieri (pertanto gli egiziani non avevano corrispettivi nel sistema geroglifico).

Ed è qui che entra in scena Champollion, il quale continuò sulla strada tracciata da Young traducendo altri cartigli ma si spinse oltre: nel 1822, analizzando un cartiglio appartenente a dei reperti provenienti dal tempio di Abu Simbel, scoprì che anche i nomi arcaici erano espressi in forma fonetica. L'emozione di essere riuscito a interpretare quella lingua misteriosa lo fece svenire di nuovo.

Al di la degli interessantissimi aneddoti è affascinante come Champollion riuscì ad arrivare alla sua scoperta: inserì le traduzioni delle lettere già note nei cartigli che aveva preso in esame e, utilizzando l'intuito, li completava; così aveva altre lettere da inserire in altri cartigli. La scoperta del definitivo valore fonetico dei geroglifici, invece, arrivò con un intuizione: in un cartiglio mancava la decifrazione del primo simbolo il quale riproduceva un sole. Conoscendo il copto aggiunse alle lettere che già aveva (s-s) la parola ra, ovvero sole in copto. Ne derivò, quindi, la parola Ra..ss che, ovviamente, indicava il faraone Ramses. Scoprì, quindi, che gli scribi, a volte, utilizzavano il principio del rebus e che, ancora più importante, si esprimevano in copto. Questo procedimento di decifrazione attraverso prove ed errori che avanza con l'intuizione e il completamento è tipico di molte decifrazioni, non solo di lingue morte ma anche (e soprattutto) di crittogrammi.

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Siamo due studentesse della laurea magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna e, per la prima volta dopo tanti anni dietro ai banchi, ci viene proposto di metterci alla prova. Non con il solito esame ma con un blog. 

Vi sveliamo subito la "materia" per la quale stiamo scrivendo ora: storia ed evoluzione della lettura e dei modelli editoriali. Cosa c'entra un blog con una materia così... seria? È qui la sfida.

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